La lenticchia di Rascino è un ecotipo dal seme piccolo e di colore marrone con sfumature rossastre. Sin dall’Ottocento si coltiva sull'omonimo altopiano, da cui prende il nome. Quest’altopiano è stato luogo di passaggio per i pastori transumanti, quando si spostavano dai pascoli montani a quelli della campagna romana. Gli anziani raccontano che i pastori portavano con sé un po’ di lenticchie da coltivare in estate sull’altopiano, perché erano nutrienti e facili da coltivare e conservare (cotte nel latte erano adatte anche per gli ammalati o per chi era indebolito). La lenticchia di Rascino ha buccia tenera, non necessita di ammollo e cuoce in 20-30 minuti. Al palato esprime un intenso bouquet di sapori, tra cui una nota tostata. Piatto tipico della tradizione è la minestra di lenticchie con i tagliolini, ma si cucina anche in umido con la salsiccia oppure con il cotechino.
I terreni coltivati a lenticchia non sono profondi, sono caratterizzati da pietre affioranti e si trovano a 1150-1300 metri di altitudine sull'altopiano di Rascino: una conca carsica situata nella zona del Cicolano, sull’appennino Centrale, in provincia di Rieti, e costituisce il bacino idrogeografico dell'acquedotto del Peschiera. La zona dell'altopiano è stata classificata dalla Comunità Europea come Sito di Interesse Comunitario (SIC) per la ricchezza di biodiversità animale e vegetale.
Ogni anno si coltivano circa 60 ettari prevedendo la rotazione con cerali (farro e grano biancola, in particolare). Il seme, scelto e conservato dai coltivatori del Presidio, si semina tra marzo e aprile su terreno arato superficialmente. Non si concima, non si irriga, non si utilizzano prodotti di alcun genere per il controllo delle malattie e le erbe infestanti sono rimosse manualmente.
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